A distanza di quarantadue anni dall'alluvione di Firenze il ricordo di uno di quei tanti ragazzi che, in nome di un ideale, contribuirono alla salvezza dell'arte e della storia. Fu il giornalista Giovanni Grazzini a chiamarli per la prima volta "angeli del fango" perchè a migliaia giunsero dall'Italia e dall'estero per recuperare dal fango l'inestimabile patrimonio culturale di Firenze. E quel nome è rimasto loro appiccicato addosso, un po' come l'odore del limo e del gasolio di cui i libri erano impregnati... E' nato un sito dedicato a quei ragazzi, che si chiama proprio come loro, Angeli del Fango, ed è ricco di fotografie, filmati e testimonianze, come questa, di Andrea Innocenti, angelo del fango
"Lacrime, rabbia, sensazione d'impotenza, ingoiate tutte insieme in un'umida mattinata di novembre, appoggiato alla balaustra del cavalcavia dell'Affrico, ad osservare un mare impetuoso d'acqua gialla e nera che si portava via auto, tronchi d'albero, carcasse d'animali e tante altre cose. Poche ore per riflettere, al buio, senza l'acqua, il gas, l'energia elettrica, il riscaldamento, cenando silenziosi al lume di candela o con qualche torcia elettrica, ascoltando una radio a transistor per conoscere e cercare di sapere che cosa stava succedendo lì intorno a noi. Ero completamente confuso: non mi ero mai trovato in una situazione simile, anche se mia madre mi aveva raccontato come fossero ben più terribili le tante ore passate in un rifugio sotto un bombardamento, sola, con due figli piccoli abbracciati a lei.
Poi, alla fine, arrivò l'alba del giorno dopo, e con essa la maturazione della voglia di reagire, di combattere in qualche modo il corso delle cose. Come non lo sapevamo: noi, fortunati noi, lambiti solamente dall'onda di piena, praticamente illesi, volevamo fare qualcosa. Un maglione amaranto, un paio di jeans, un paio di scarpe di gomma e via in quella parte del centro che era al momento raggiungibile per vedere se l'acqua se ne andava via, se si abbassava, per cercare qualcuno come noi che potesse darci un'organizzazione e un indirizzo, per qualcuno che ci dicesse che cosa fare. Purtroppo la confusione regnava sovrana: la mancanza di comunicazioni rendeva tutto difficile. Si sentiva parlare di una prossima ondata di piena terrificante, di centinaia di morti, senza mai avere una conferma e tornavamo a casa al buio e pieni d'angoscia, di fango, di un umido che ti entra nel corpo e nell'anima. Dopo qualche giorno poi le cose cominciarono a prendere una strada più logica: mentre eravamo ad aiutare un amico a liberare dal fango il proprio negozio, sentimmo che cercavano volontari per togliere il fango alla Biblioteca Nazionale e il giorno dopo eravamo lì. Ci fu indicato dove posizionarci in quell'incredibile ed enorme catena umana che stava spostando volumi dal piano inferiore a quello superiore. Non ricordo di dove erano quei ragazzi accanto a me, certamente molti non erano italiani, ma so che nacque subito una spontanea simpatia tra tutti. Bellissimo, per esempio, era il rito della nutrizione della catena: c'erano tre ragazzi che, ogni tanto, percorrevano tutta la catena offrendo un morso di un panino ed un sorso di vino e, a chi fumava, anche un tiro di sigaretta. Nelle pause tra un turno e l'altro riuscivamo anche a riunirci davanti ad un falò, cantando le canzoni dell'epoca, essendoci sempre qualcuno con una chitarra in mano (non ho mai capito dove la teneva). Era straordinario avvertire, come tanti ragazzi, di diversa nazionalità e forse estrazione sociale, fossero divenuti un unico corpo. Poi dopo il diluvio, come una speranza, ricominciarono i giorni di sole e quell'umido che ci aveva preso l'anima cominciò pian pianino ad andarsene via; la vita aveva ripreso così il suo corso naturale. Ma quell'odore inconfondibile di limo misto a gasolio ed altro, un po' mi è rimasto dentro. Ci sono giorni infatti che, forse a causa della grande umidità, in alcune vie del centro ho modo d'incontrarlo ancora e sempre mi chiedo "chissà dove sono finiti tutti quegli splendidi ragazzi!".
Andrea Innocenti
Grazie a Pierluigi Baglioni, la foto è sua.
Isadora: " Ricordo quando ti ho visto per la prima volta. Avevi 27 anni e una bellezza che incantava..."
Sergej: " E tu eri piccola e rotonda... irresistibile. Chissà perchè quel vezzo di abbassarti l'età: erano 45, non 37... 45 anni di fascino travolgente."
Isadora: "Sì, avevo appena ricominciato a vivere. I miei bambini... Ero con loro e con Singer, sai, quello delle macchine da cucire. Era innamorato di me, voleva sposarmi e siamo andati a festeggiare tutti insieme in una pasticceria di Parigi. Poi ho lasciato i bambini con la governante e l'autista, dovevano tornare a casa. Hanno detto che a un certo punto il motore si è spento l'autista è sceso per girare la manovella, ma non ha tirato il freno a mano e l'auto... l'auto è finita nella Senna, con dentro i bambini. I miei bambini. Non so come ho fatto a sopravvivere, sono stati anni terribili."
Sergej: "Lo immagino... Poi è arrivata l'occasione di portare la tua danza in Russia. Che momenti grandiosi: tu danzavi scalza, avvolta in pochi veli... seguivi la musica o era la musica che seguiva te? Eri tu la musica, eri natura, eri poesia..."
Isadora: " Poesia... scrivevi versi che io capivo a malapena, ma era la tua voce ad esaltarmi, la tua sensualità a farmi muovere ovunque, anche sopra i tavoli, vinta dalla passione. Ricordi quanto ridevamo quando qualche benpensante scandalizzato ci cacciava dai locali? Per te ho perso la testa, il cuore e tutto ciò che avevo. Ti ho sposato, proprio io, che non avevo mai voluto un marito tra i piedi... Ma tu, Sergej, mi hai amata davvero?"
Sergej: " Credo di sì. Non riuscivo a stare senza di te. Lo so, spesso mi ubriacavo, diventavo violento, ti picchiavo... Ero fatto così. Avevo in testa mille preoccupazioni per il mio paese: stava cambiando e io dovevo esserci. Ero inquieto, insoddisfatto, non capivo la tua lingua. Quando mi hai portato in America mi sono sentito a disagio: lì non ero nessuno, solo "il marito russo della Duncan" e i pigiami di seta, gli abiti costosi, non mi bastavano più. Hai fatto di tutto per farmi restare, ma io avevo bisogno della mia gente, della mia patria."
Isadora: " Eri un'anima in pena, proprio come me. L'amore non è servito a guarire le nostre ferite, a tenerci uniti. In Russia non è andata come speravo: mi avevano promesso una scuola di ballo da dirigere a Mosca, avrei voluto portare la mia arte alle piccole figlie della rivoluzione, avrei voluto danzare per il popolo che non aveva denaro per assistere ad uno spettacolo... ma non è successo. Neanche io potevo restare nel tuo paese."
Sergej: " Così è finita. Ho avuto altri amori, ma nessuno mi ha salvato."
Isadora: " L'ho letto sui giornali. La morte. E' stata lei a salvarti, stringendoti le mani intorno al collo. Dicono che forse non l'hai cercata, che qualcuno l'ha fatto per te."
Sergej: " Oh, non è importante... ho trovato la pace. So che due anni dopo è successo anche a te. La morte è arrivata e ti ha stretto il collo. Ma come hai potuto essere così ingenua da lasciar svolazzare una sciarpa tanto lunga da infilarsi tra le ruote dell'auto? L'avrai mica fatto apposta...?"
Isadora: " Oh, non è importante. Ho trovato la pace."
Dialogo liberamente tratto dai testi biografici:
"La mia vita" I. Duncan Dino Audino Editore
"Poesie e Poemetti" S. Esenin a cura di E. Bazzarelli Ed. Bur
"Il mio scopo era di realizzare un sogno, sapete come succede: vi viene un'idea in testa, non vi lascia più e riuscire a realizzarla è la cosa più gratificante del mondo".
Così, un piccolo aereo ha lasciato Yves Rossi nell'azzurro del cielo di Calais e i quattro reattori delle sue ali hanno volato con lui. 2.500 metri di quota. 160 km di velocità. 12 minuti di sogno. Quando la costa di Dover è apparsa sotto i suoi occhi, l'uomo-uccello ha spento le ali e si è lasciato scivolare dolcemente, appeso ad un paracadute. Chi era a terra ad accoglierlo, sta ancora trattenendo il respiro.
"L'amore è la vita, è la cosa principale. Dall'amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L'amore è il cuore di tutte le cose... Se il cuore interrompe il suo lavoro, anche tutto il resto si atrofizza, diventa superfluo, inutile. Ma se funziona non può non manifestarsi in ogni cosa. Senza di te (non senza di te "nella lontananza", interiormente senza di te) io cesso di agire."
E' il 1923, il cuore che non deve cessare di agire appartiene a Vladimir Majakovskij, lei, l'amore che anima tutte le cose, si chiama Lili Brik.
Si conoscono dal 1915, quando, nella "data più felice" della sua vita, il poeta futurista declama i suoi versi di fronte ad una platea d'eccezione: i coniugi Osip e Lili Brik.
Osip è un giurista, ma commercia in coralli per la ditta di famiglia; Lili è colta e curiosa; entrambi amano circondarsi di poeti e letterati e anche per loro quella "data" sarà l'inizio di una nuova vita: da quel giorno le loro tre esistenze saranno intrecciate fino alla fine.
Majakovskij si innamora furiosamente di Lili, tanto che per i primi anni lei vive questa passione quasi come una sorta di aggressione che non le lascia respiro; nello stesso tempo Osip nutre per il poeta una sconfinata ammirazione che lo spinge a pubblicare a proprie spese i suoi primi poemi e ad accettare senza alcuna riserva la relazione con la moglie; così, nel 1918, diventa per loro una scelta naturale quella di vivere tutti e tre sotto lo stesso tetto.
Lili Brik ha sempre ribadito la legittimità di una simile convivenza: nelle sue memorie afferma chiaramente: "Io e Osja non avemmo mai più rapporti intimi, così che tutti i pettegolezzi - sull'amore "a tre", sul "triangolo" e così via - non assomigliano nemmeno lontanamente a ciò che è stato."
Come è facile immaginare le "voci" non si sono risparmiate: qualcuno ha visto questo legame come una disgustosa forma di decadenza borghese, altri l'hanno quasi idealizzato come un coraggioso "amore assoluto", una testimonianza pratica dell'eternità dell'amore. In effetti la relazione tra Majakovskij e Lili terminò nel 1930, con il suicidio del poeta. Furono la complicità, il fortissimo senso dell'amicizia e il sentimento travolgente che coltivarono per anni con impegno, assecondando le sue trasformazioni, a permettere loro di amarsi per tutta la vita, che, in ogni caso, non fu priva di dolori, di separazioni e di tradimenti.
Per comprendere gli avvenimenti, l'affascinante personalità di Majakovskij e la significativa influenza che Lili Brik ebbe nella sua esistenza e quindi nelle sue opere, la casa editrice Neri Pozza ha pubblicato "L'amore è il cuore di tutte le cose", la raccolta della fitta corrispondenza che tra il 1915 e il 1930 si scambiarono Vladimir, Lili e Osip. Sono lettere tenere, affettuose e spontanee che esprimono i sentimenti, i pensieri e le difficoltà dei personaggi, ma anche rispecchiano la quotidianità del paese e il suo travaglio politico.
Tra le poesie di Majakovskij ce n'è una che più di tutte è rappresentativa dell'esaltazione dei suoi sentimenti, il poeta la intitola:
Conclusione
Niente cancellerà via l'amore,
nè i litigi
nè i chilometri.
E' meditato,
provato,
controllato.
Alzando solennemente i versi, dita di righe,
lo giuro:
amo
d'un amore immutabile e fedele.
Vladimir Majakovskij
Caro cuore spezzato, torturato da mille spot dai rossi cuoricini palpitanti, da carrellate di canzoni d'amore in ogni radio, da rubriche sugli innamorati persino nei tg... coraggio: so cosa ti serve per (ri)- scendere dal pero... e trasformarti in una superskiantona dal radioso futuro Se hai il cuore spezzato significa che la tua storia d'amore ha toccato il fondo, anzi, è scesa ancora più giù. Probabilmente quell'adorabile verme a cui continui a pensare ti ha lasciata o, peggio ancora, ti ha costretta a lasciarlo e fa male, malissimo, da urlare, spaccare tutto... poi chiudersi in casa e non voler più esistere. Che prima o poi capita a tutti te l'hanno già detto in cinquemila (a proposito, anche quella stragnocca di Nicole Kidman è stata lasciata) e che è il tempo a guarire le ferite lo sai a memoria e caveresti un occhio a chi te lo ricorda.
Allora, che vogliamo fare? Preferisci avere quell'aria da ameba malriuscita per i prossimi dieci mesi (hai idea di quante splendide occasioni rischi di perderti in tutto quel tempo???) oppure vogliamo affrettare un po' il percorso di disintossicazione? So già cosa risponderai: "Ameba sarai tu! Non puoi capire quanto sto male", ma continuerai a leggere perchè faresti qualunque cosa per star meglio, quindi, procediamo.
Innanzi tutto il tuo sogno d'amore si è infranto perchè, dentro di te lo sai benissimo, l'amore a volte finisce senza nessun motivo. E' inutile che ti scervelli a pensare e ripensare dove hai sbagliato, perchè non hai sbagliato proprio niente: sei stata te stessa, siete stati molto bene insieme, ma è finita. Inutile anche continuare ad insultare mentalmente il povero verme, sì, può un po' sollevarti scrivere tutte quelle parolacce sopra le sue foto o regalargli l'abbonamento a una rivista gay, ma parliamoci chiaro: la soddisfazione dura poco, devi proprio togliertelo dalla testa.
Allora, appena raggiungi uno stato di relativa calma, anzichè affondare il cucchiaio nel centesimo barattolo di Nutella, esci (non importa se hai gli occhi gonfi e sembri un cadavere, bastano un velo di fard e un lucidalabbra) ed entra in una libreria.
Lì, se non l'hanno ancora esaurito (sarebbe davvero troppo, ma forse è il caso di informarsi prima di fare tutto quello sforzo per uscire) troverai "Inutile piangere sul cuore spezzato" scritto da Greg Behrendt (sì, è lui, proprio quello di "Non gli piaci abbastanza" e Amiira Ruotola Behrendt, edito da Salani. I due autori hanno vissuto quello che sta capitando a te e spiegano come ne sono venuti fuori. Hanno un modo simpatico e schietto per cercare di impedire gli errori che potresti commettere con il tuo ex: è molto probabile che in alcuni brani ci sia scritto esattamente quello hai voglia di fare, ma è meglio che tu non faccia e, soprattutto, offre delle formidabili dritte per archiviare definitivamente il povero verme e diventare la superskiantona di cui parlavo prima.
Senti, sarò sincera: lo sappiamo tutte e due che un libro, da solo, non può fare miracoli: forse lo leggerai e per un po' non cambierà niente, ma sfoglialo nei momenti più duri (ad esempio al posto di quelle telefonate con il numero nascosto che ti scappano ogni tanto) ed abbi fiducia in te stessa, perchè un libro da solo no, ma tu e un libro è un altro discorso
P.S.
Se davvero non ce la fai a raggiungere una libreria, ti ho aggiunto il link per ordinarlo online, ma per favore, vacci piano con la Nutella...