Poeti e Sognatori

...Sembra uno spazio fuori dal mondo, ma non è così.
Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina, un suggello di conferma.

Cesare Pavese
Immagine
 "Qual è il colore del vento?"... di Alessandra Mazzucco

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Alessandra Mazzucco (del 01/07/2009 @ 22:14:01, in Sognatori tra i pennelli, linkato 5142 volte)

"Mi sto torturando la mente per spremerne fuori una formula che esprima in modo adeguato la particolarità di Eugène Delacroix." Scrisse Baudelaire, grande estimatore e amico dell'artista...
"...egli esprime soprattutto ciò che è più segreto del cervello, l'aspetto stupefacente delle cose, tanto la sua opera ritiene, senza alterarli, l'impronta e l'umore della sua concezione. E' l'infinito nel finito. Sì, è il sogno! "
Eugène Delacroix nasce nel 1798 in una famiglia colta e agiata, che gli permette di seguire le naturali inclinazioni verso la letteratura e l'arte: dimostra di possedere un talento innato, ancora ragazzo vince premi per il disegno e lo studio. In seguito alla morte dei genitori decide di dedicarsi completamente alla pittura: riceve lezioni tradizionali, trascorre molti pomeriggi al Louvre, esercitandosi nelle copie delle grandi opere, ma soprattutto frequenta Théodore Géricault, precursore di quel nuovo movimento artistico di cui Delacroix diventerà il maggior esponente: il romanticismo. All'età di 24 anni incuriosisce il pubblico presentando "La barca di Dante", opera densa di drammaticità e di ricchezza cromatica, ma è il successivo "Il massacro di Scio" ad eccendere interesse ed entusiasmo anche tra i critici. I veri protagonisti delle scene di Delacroix sono le immagini della fantasia e i turbamenti dell'animo, resi violenti e incalzanti dall'uso del colore in contrasti netti e vivaci tanto da scuotere l'osservatore, da emozionarlo: grande innovazione rispetto al freddo mondo della realtà classica dipinta fino a quel momento. Nonostante la notevole mole di produzione artistica, che gli serve anche per guadagnare e vivere, la sua personalità vivace e poliedrica lo porta a frequentare con molto successo i più esclusivi salotti francesi, gli vengono commissionate diverse opere dal governo e viene invitato a partecipare ad una visita di Stato in Marocco. Il viaggio sarà per l'artista una straordinaria fonte di ispirazione: le suggestioni che lo colpiscono osservando la semplicità contemplativa degli uomini che sembrano indifferenti allo scorrere del tempo e la sensualità delle bellissime odalische di un harem, verranno trasferite nei suoi quadri con giochi di colore tanto abili da evocarne l'intimità, il sogno. Tornato in Francia, raggiunge il massimo traguardo della carriera dipingendo vasti affreschi nei più importanti edifici della capitale, dpingerà fino alla morte, nel 1863, lasciando dietro di sè numerose opere incompiute e l'appassionata forma d'arte che influenzerà i giovani pittori di tutto il XIX secolo.

 
Di Alessandra Mazzucco (del 17/04/2008 @ 14:06:02, in Sognatori tra i pennelli, linkato 3619 volte)

Il 23 febbraio 1887 il borgo medioevale di Bussana, situato sulle colline a pochi chilometri da Sanremo, venne raggiunto dalle terrificanti scosse di un terremoto.
Erano le 6,20 e molti si trovavano all'interno della chiesa del paese. Ebbero appena il tempo di rendersi conto della catastrofe che si stava abbattendo su di loro, che in pochi attimi il tetto crollò, travolgendoli. La violenza del sisma fu tale da distruggere la maggior parte delle case, imprigionando ed uccidendo un centinaio di persone.  
Il responso della Commissione che si occupò di verifcare l'entità dei danni fu drammatica: le abitazioni furono giudicate inagibili e ciò che del villaggio ancora non era crollato, rischiava di cedere da un momento all'altro. Malgrado le proteste di chi avrebbe voluto ricostruire il proprio mondo là, nel punto in cui si era fermato, ai sopravvissuti fu proibito di rientrare nel villaggio e promesso un borgo nuovo di cui si iniziò subito la costruzione. Fu così, che nel giro di pochi anni e qualche chilometro più in giù, nacque Bussana "nuova".  
Il vecchio borgo ferito iniziò la sua inesorabile decadenza. La rigogliosa vegetazione ligure invase le abitazioni abbandonate, pioggia e sole intaccarono le mura precarie e per più di mezzo secolo le case sventrate in cima alla collina rimasero tragico monumento al dolore.   
Il 1960 portò con sè un vento nuovo: i sogni audaci di un pittore torinese, Clizia. Sedotto dal fascino delle antiche pietre del borgo diroccato ebbe un'ispirazione folle: costruire tra le macerie il Villaggio Internazionale degli Artisti. L'idea fu accolta con entusiasmo dal pittore, Vanni Giuffrè e da un poeta, Giovanni Fronte, pionieri della nuova comunità che in poco tempo attirò un gran numero di artisti. L'inizio fu duro, ma animato da una forte determinazione. L'esperimento di una "comune" non era una novità in campo artistico, basti pensare al Bateau  Lavoir, nome dato al cadente edificio che vide nascere il cubismo, ma a Bussana non esistevano più reti fognarie, nè impianti idraulici: l'acqua era da trasportare a mano attraverso una lunga strada e, naturalmente, non c'era energia elettrica. Benchè Clizia avesse provato a stilare uno Statuto, la vita comunitaria, già difficile da realizzare in condizioni normali, veniva messa a repentaglio da difficoltà di carattere pratico, inoltre, il timore incombente di un ordine di sgombero, non contribuiva certo a rasserenare gli animi...  
Qualcuno se ne andò, ma c'era chi arrivava, tanto che il Villaggio degli Artisti divenne una favolosa realtà. Le case vennero ricostruite seguendo lo stile originale e i colori delle tele dei pittori, appoggiate ai muri o appena scorte tra le finestre, portarono una luce nuova e suggestiva al vecchio borgo. L'artigianato e la curiosità dei turisti divennero fonte di sostentamento per una comunità formata da spiriti liberi, alcuni itineranti, altri, come Guido Giordano, detto "da Bussana", pittore che lasciò il suo impiego al ministero per vivere nel Villaggio fino all'ultimo giorno, ben radicati ad un sogno diventato reale. Tra il 1974 e il 1977 agli abitanti fu riconosciuto il diritto di residenza e finalmente arrivarono anche l'acqua e l'elettricità. Ma la storia di questo borgo è densa di avvenimenti, di pacifiche lotte e di personaggi davvero straordinari. Maurizio Falcone, musicista e compositore, è uno di loro. Racconta e si racconta nel notevole sito che ha realizzato sul Villaggio e su tutte le sue vicissitudini non ancora concluse.    
Bussana vecchia è oggi un borgo conosciuto e visitato da molti ospiti. I suoi vicoli si sono arricchiti di nuovi laboratori artigianali e di punti di ristoro che non intaccano l'antica suggestione medioevale. Artisti imprevedibili si incontrano, magari spariscono, per poi farsi rivedere l'anno successivo... è un luogo remoto, ma sempre inconsueto. L'unica sensazione che non cambia da una visita all'altra, si chiama libertà. 
 
Dipinto di Guido da Bussana

 
Di Alessandra Mazzucco (del 26/03/2008 @ 21:21:41, in Sognatori tra i pennelli, linkato 4349 volte)

Quando l'anima ha qualcosa da raccontare, il talento esplode, supera ogni barriera e vola... anche senza ali. Simona Atzori  è un'artista che esprime i suoi sentimenti attraverso le immagini, utilizzando solamente gli arti inferiori. L'opera inserita qui accanto lascia senza fiato. "Si lega a sè quanto di più caro usando quanto di più prezioso abbiamo" dice, e lo comunica in questo abbraccio tra mani vigorose e dita dei piedi che si piegano e chiudono come altre mani, con tutta la passione e l'impeto di chi "sente" e sa come raccontarlo.
E' giovane Simona, è nata nel 1974, eppure ha alle spalle anni di studio, di perfezionamento e di successi. Sul suo sito è possibile visitare una galleria di numerose opere realizzate con tecniche diverse e svariati soggetti; tra i più emozionanti ci sono i quadri dedicati alla danza, altra grande passione, cresciuta di pari passo con quella della pittura. La sua vita è anche spettacolo: nella Città del Vaticano, dove è stata ambasciatrice per la Danza nell'anno del Giubileo; al Pescara Dance Festival dove ha danzato con artisti di fama internazionale e ha donato un premio, che ha preso il suo nome, a Luciana Savignano... I consensi di pubblico e critica sono davvero numerosi, sarebbe il caso di assistere di persona alle sue rappresentazioni e lasciarsi travolgere dall'entusiasmo che trasmette... In attesa che ciò possa succedere, consiglio caldamente la visita al sito in cui questa strordinaria artista si racconta attraverso le immagini, ma anche i pensieri:
"Posso dire che il mio segreto è stato quello di crederci sempre fino in fondo e di non smettere mai di sognare fino a quando anche gli altri hanno iniziato a sognare con me e la realtà ha preso il posto dei miei sogni."

 
Di Alessandra Mazzucco (del 23/03/2008 @ 18:44:55, in Sognatori tra i pennelli, linkato 2565 volte)

"Il mio sogno sarebbe far subito ritorno a Villeneuve e non muovermi più..." così scrive Camille Claudel alla famiglia, nel 1917. Le sue parole provengono da un manicomio e non saranno mai ascoltate. Camille Claudel arriva a Parigi poco più che ragazzina già sapendo che la sua strada sarà lastricata di marmo e di bronzo: vuole diventare scultrice e anche se l'Istituto di Belle Arti è ancora di esclusivo appannaggio maschile, incoraggiata soprattutto dal padre, segue corsi privati e modella busti osservando il fratello Paul. I commenti sul suo talento selvatico e istintivo giungono presto all'orecchio di Auguste Rodin, scultore quasi celebre, che le offre di lavorare nel suo studio. Sarà l'inizio di un vincolo artistico, affettivo e psicologico che segnerà Camille fino all'ultimo giorno: diventerà la musa ispiratrice, la modella e l'amante di Rodin per dieci tormentatissimi anni, al termine dei quali, della ragazzina che determinata sognava amore e successo, non rimarrà che una pallida ombra.  
Con l'arrivo di Camille lo scultore crea una serie di opere improntate sul volto e sul corpo dell'allieva, tra cui la famosa Danaide che raffigura una donna ripiegata su se stessa, la schiena e i fianchi esposti in una bruciante sensualità. Anche il talento della modella produce opere bellissime, ma il tempo trascorre senza che Camille riesca ad affrancarsi dalla notorietà che i critici riservano a Rodin: per anni scolpisce sculture meravigliose che non vengono valorizzate e per anni serba la speranza che il suo amante si separi dalla donna con cui vive per potersi legare definitivamente a lei. Vana attesa e triste epilogo: Rodin si libera della sua musa che da quel momento produce febbrilmente numerose opere, con soggetti sempre più affranti che riflettono accorati la sua angoscia. Ne è un esempio impressionante L'età Matura, in cui una giovane implora l'uomo che viene portato via da una vecchia donna. 
Camille vive da sola, chiusa in se stessa, con il passare del tempo il vigore della sua arte stride sempre più con la fragilità della mente: non ha eclatanti atteggiamenti "da pazza", ma vive sciatta e trasandata in un piccolo studio dal quale esce solo di notte, arriverà a distruggere molti dei suoi lavori chiedendo che vengano sepolti... pochi giorni dopo la morte del padre, suo unico sostenitore, due uomini la trascinano in manicomio. La richiesta è firmata dalla madre e dal fratello, il poeta Paul, che non solo non le permetteranno di rientrare a casa, ma trascureranno ogni struggente appello e le loro visite. Camille non toccherà mai più un blocco di marmo. Solo la morte la libererà dalla sua prigionia, nel 1943, dopo trent'anni.  
      
                                     

 
Di Alessandra Mazzucco (del 12/02/2008 @ 22:11:44, in Sognatori tra i pennelli, linkato 2833 volte)

Diventò celebre per il suo innegabile talento, ma anche grazie alla  forte sete di indipendenza che le permise di affrontare con grande coraggio un mondo spesso ostile e prevenuto. Non era facile dipingere, per una ragazza del 1600, anche se figlia di un pittore... Donna affascinante e determinata, cresciuta tra tele e pennelli, Artemisia subì un'odiosa violenza da parte del suo maestro di pittura, nonchè amico del padre. Il processo che ne seguì fu talmente crudele ed umiliante da costringerla ad abbandonare Roma, ma fu così, correndo da sola, che riuscì a raggiungere i suoi desideri.
 
Ecco un esempio della forte personalità di questa pittrice: il dipinto che si vede qui a fianco si intitola "Autoritratto nell'allegoria della pittura". Per ritrarsi in questa posizione, e non semplicemente di fronte ad una tela, Artemisia dispose un gioco di specchi vicino al cavalletto, quasi una rivoluzione nella storia dell'autoritratto per quei tempi. Ha i capelli scompigliati, l'abito da lavoro con le maniche rimboccate e impugna il pennello: viva e battagliera. Inoltre la catena con la maschera e i colori cangianti del tessuto sono le caratteristiche dell'iconologia classica per rappresentare la pittura.
 
Ispirandosi a Caravaggio, che ammirava tantissimo, Artemisia dipinse una delle sue opere più celebri: "Giuditta che decapita Oloferne". Il quadro fu realizzato all'epoca del processo e il crudele realismo, la violenza e l'imperturbabile accanimento che ne emergono hanno suggerito ai critici d'arte che si sia trattato di una sorta di "regolamento di conti" da parte dell'artista.
Nei suoi viaggi toccò Firenze, Genova, Napoli, Londra, diffondendo le tecniche del realismo e del chiaroscuro, diventando famosa, ricercata e ammirata. Ricevette sostegno ed approvazione dai Buonarroti e dai Medici, diventò amica di Galileo Galilei e di Van Dick. Non sono molto numerose le opere che Artemisia ci ha lasciato, ma in tutte emerge la predilezione per una donna coraggiosa e indipendente, il suo sogno realizzato.
 
Se qualcuno avesse voglia di seguire le "tracce" di questa pittrice attraverso le strade di Roma, consiglierei di girare tra Piazza del Popolo e via Margutta con in mano il libro "Artemisia" di Alexandra Lapierre (Ed.Mondadori) che oltre ad offrire stralci del famoso processo ripescati tra gli archivi, descrive il quartiere degli artisti ed il centro della città con dettagli particolareggiati e molto suggestivi: diventa facile immaginarla, anche per chi non è propriamente un sognatore.    
 

 
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