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Gli angeli del fango
Di Alessandra Mazzucco (del 07/11/2008 @ 21:29:25, in I sognatori, linkato 5223 volte)

 

 

 

 

 

 

 

A distanza di quarantadue anni dall'alluvione di Firenze il ricordo di uno di quei tanti ragazzi che, in nome di un ideale, contribuirono alla salvezza dell'arte e della storia. Fu il giornalista Giovanni Grazzini a chiamarli per la prima volta "angeli del fango" perchè a migliaia giunsero dall'Italia e dall'estero per recuperare dal fango l'inestimabile patrimonio culturale di Firenze. E quel nome è rimasto loro appiccicato addosso, un po' come l'odore del limo e del gasolio di cui i libri erano impregnati... E' nato un sito dedicato a quei ragazzi, che si chiama proprio come loro, Angeli del Fango, ed è ricco di fotografie, filmati e testimonianze, come questa, di  Andrea Innocenti, angelo del fango   
"Lacrime, rabbia, sensazione d'impotenza, ingoiate tutte insieme in un'umida mattinata di novembre, appoggiato alla balaustra del cavalcavia dell'Affrico, ad osservare un mare impetuoso d'acqua gialla e nera che si portava via auto, tronchi d'albero, carcasse d'animali e tante altre cose. Poche ore per riflettere, al buio, senza l'acqua, il gas, l'energia elettrica, il riscaldamento, cenando silenziosi al lume di candela o con qualche torcia elettrica, ascoltando una radio a transistor per conoscere e cercare di sapere che cosa stava succedendo lì intorno a noi. Ero completamente confuso: non mi ero mai trovato in una situazione simile, anche se mia madre mi aveva raccontato come fossero ben più terribili le tante ore passate in un rifugio sotto un bombardamento, sola, con due figli piccoli abbracciati a lei.
Poi, alla fine, arrivò l'alba del giorno dopo, e con essa la maturazione della voglia di reagire, di combattere in qualche modo il corso delle cose. Come non lo sapevamo: noi, fortunati noi, lambiti solamente dall'onda di piena, praticamente illesi, volevamo fare qualcosa. Un maglione amaranto, un paio di jeans, un paio di scarpe di gomma e via in quella parte del centro che era al momento raggiungibile per vedere se l'acqua se ne andava via, se si abbassava, per cercare qualcuno come noi che potesse darci un'organizzazione e un indirizzo, per qualcuno che ci dicesse che cosa fare. Purtroppo la confusione regnava sovrana: la mancanza di comunicazioni rendeva tutto difficile. Si sentiva parlare di una prossima ondata di piena terrificante, di centinaia di morti, senza mai avere una conferma e tornavamo a casa al buio e pieni d'angoscia, di fango, di un umido che ti entra nel corpo e nell'anima. Dopo qualche giorno poi le cose cominciarono a prendere una strada più logica: mentre eravamo ad aiutare un amico a liberare dal fango il proprio negozio, sentimmo che cercavano volontari per togliere il fango alla Biblioteca Nazionale e il giorno dopo eravamo lì. Ci fu indicato dove posizionarci in quell'incredibile ed enorme catena umana che stava spostando volumi dal piano inferiore a quello superiore. Non ricordo di dove erano quei ragazzi accanto a me, certamente molti non erano italiani, ma so che nacque subito una spontanea simpatia tra tutti. Bellissimo, per esempio, era il rito della nutrizione della catena: c'erano tre ragazzi che, ogni tanto, percorrevano tutta la catena offrendo un morso di un panino ed un sorso di vino e, a chi fumava, anche un tiro di sigaretta. Nelle pause tra un turno e l'altro riuscivamo anche a riunirci davanti ad un falò, cantando le canzoni dell'epoca, essendoci sempre qualcuno con una chitarra in mano (non ho mai capito dove la teneva). Era straordinario avvertire, come tanti ragazzi, di diversa nazionalità e forse estrazione sociale, fossero divenuti un unico corpo. Poi dopo il diluvio, come una speranza, ricominciarono i giorni di sole e quell'umido che ci aveva preso l'anima cominciò pian pianino ad andarsene via; la vita aveva ripreso così il suo corso naturale. Ma quell'odore inconfondibile di limo misto a gasolio ed altro, un po' mi è rimasto dentro. Ci sono giorni infatti che, forse a causa della grande umidità, in alcune vie del centro ho modo d'incontrarlo ancora e sempre mi chiedo "chissà dove sono finiti tutti quegli splendidi ragazzi!".
 
Andrea Innocenti

Grazie a Pierluigi Baglioni, la foto è sua.