Poeti e Sognatori

...Sembra uno spazio fuori dal mondo, ma non č cosė.
La perenne tentazione della vita è quella di confondere i sogni con la realtà.

Jim Morrison
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 "C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce" L.Cohen ... di Alessandra Mazzucco

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Alessandra Mazzucco (del 12/10/2008 @ 18:13:50, in I poeti, linkato 32582 volte)

                                                                                                               "Tra gli esseri umani, mormora Osip, accade come nella poesia quando riconosci la parola predestinata ai versi: nella tua vita entra una persona che non avevi mai visto prima, ma è come se avessi sempre avuto il suo viso accanto."  

Osip è il nome di battesimo del poeta russo Mandel'štam; la persona che entra nella sua vita, come la parola giusta nei versi di una poesia, è Nadežda Chazina , sua moglie. La loro storia si legge come un romanzo, ma è una storia vera: Elisabetta Rasy, con "La scienza degli addii" ha svaligiato le biblioteche per consegnarci, in una narrazione scorrevole e avvincente, la vita spezzata di due amanti, l'odio feroce della guerra civile. 

Nadežda, giovane e fragile borghese un po' viziata, incontra Osip nel 1919 in un ritrovo di giovani artisti e, a dispetto degli abiti che gli pendono addosso e dell'aria trascurata di chi ha sempre la testa altrove, viene conquistata dalla sua voce e dalle parole. Parole che non ha mai sentito, parole di poeta. Mentre la Russia, giorno dopo giorno si sfascia sotto i colpi della rivoluzione, il loro amore cresce, si fortifica e si unisce alla poesia, vissuta come un avvenimento costante e necessario, unica ricchezza e, soprattutto, unica forma di libertà. Con l'inasprirsi della dittatura staliniana, Mandel'štam verrà deportato in Siberia e non tornerà più. Nadežda, esile e vulnerabile solo in apparenza, nascondendo, ricopiando e distribuendo per anni i versi di Osip, ne diventerà la memoria, donando alla sua voce il suono dell'immortalità. 

"Sappi che mormoro, e che mormorando ti affido al raggio che dura in eterno, bambina mia"

 
Di Alessandra Mazzucco (del 27/04/2008 @ 21:11:13, in I Poeti, linkato 2243 volte)

La vita da poeta "maledetto" di Charles Baudelaire inizia a sette anni quando la madre, rimasta vedova, sposa il rigido maggiore Jacques Aupick, nominandolo cotutore del figlio. L'affetto morboso verso la mamma e l'indole severa del patrigno causeranno nel bimbo un forte disagio che lo porterà ad un'ossessione edipica mai risolta. Viene espulso per indisciplina da un prestigioso collegio, termina gli studi privatamente e comincia a frequentare gli ambienti artistici di Parigi dando prova di possedere un brillante talento letterario e modi raffinati uniti ad un accentuato amore per le donne e per il lusso. Le sue passioni, però, causano ben presto forte preoccupazione in famiglia: il giovane Baudelaire sperpera notevoli somme di denaro ricevuto in prestito e quando contrae la prima malattia venerea, Aupick lo imbarca per l'India.
Al ritorno, maggiorenne, eredita il patrimonio paterno, ma prima che riesca a scialacquare ogni sostanza, i genitori ricorrono alle legge per salvarne ciò che resta. Saranno anni difficili, tormentati, caratterizzati dall'accesa passione per l'attrice creola Jeanne Duval, rapporto travagliato che durerà fino alla morte; dall'astio crescente verso il patrigno, che vorrebbe vedere fucilato; dagli eccessi di alcool, sesso, droga, ma, soprattutto, da infervorate poesie: gli anni de "I Fiori del Male". Nel celebre poema si scopre un uomo terribilmente consapevole delle sue azioni e deciso con ogni mezzo a strappare il velo dell'ipocrisia che copre la società, priva di fedi profonde ed ammalata di noia, il peggiore dei mali. Sono versi crudi, scritti con rabbia, passione ed una tale schiettezza che, appena pubblicati, vengono condannati come immorali e obbligano autore e casa editrice a pagare un'ammenda e a sopprimere sei poesie. La produzione artistica di Baudelaire non si ferma a "I fiori del male", verranno scritte altre raccolte poetiche e saggi, ma il fisico straziato dalla sifilide e dalla droga cederà, nel 1867, all'età di 46 anni.
Verrà sepolto nel cimitero di Montparnasse, accanto al generale Aupick
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Di Alessandra Mazzucco (del 14/04/2008 @ 14:30:18, in I Poeti, linkato 2491 volte)

Un suggestivo brano musicale, racconta di un pescatore che scopre un' isola nascosta e meravigliosa. Torna verso casa convinto di poterla un giorno rivedere, ma non riuscirà più a trovare la strada: l'isola sarà perduta per sempre... A Lee Masters capitò proprio così: inseguì la poesia per tutta la vita e la trovò. Scrisse il suo capolavoro "Antologia di Spoon River" in pochi mesi, a quarantacinque anni, ottenendo un successo clamoroso, ma nonostante l'impegno e le numerose produzioni successive, non riuscì più a raggiungere lo stesso prodigio di parole e ispirazioni. Nel suo libro di memorie il figlio Hilary ricorda come a volte sorprendesse il padre "mentre leggeva e rileggeva le sue poesie e le sue pagine di prosa, quasi cercasse di scoprire come aveva fatto a scriverle"... Lee Masters in effetti era un avvocato, almeno durante il giorno, perchè la notte era dedicata alla poesia e la passione per la letteratura lo spinse fin da ragazzo a studiare da autodidatta, scrivere e leggere di tutto. Il suo grande momento giunse quando il direttore di un noto giornale gli consigliò un libro di epitaffi greci, l' Antologia Palatina, ma anche grazie ad una visita della madre con cui rievocò l'infanzia e l'adolescenza vissute tra le praterie del Mid-West. 
I personaggi descritti dal poeta sono concreti, hanno voci con cui si entra facilmente in empatia perchè abbracciano ogni sfumatura di sentimento, dal più nobile al più miserabile, in una serie di rivelazioni e di intrecci che a mano a mano che si scoprono sorprendono e colpiscono con disarmante umanità.   
Malgrado l' entusiasmo con cui anche in Europa venne accolta l' Antologia di Spoon River, il suo autore negli ultimi anni riuscì a sopravvivere grazie ai prestiti di pochi amici e a qualche conferenza. Si spense nel 1950, sulla sua lapide sono incisi questi versi:

 
"Buoni amici andiamo nei campi.
Dopo un po' di passeggio col vostro permesso
vorrei dormire. Non c'è cosa più dolce
nè più benigno destino che il sonno.
Non sono che il sogno di un sonno benigno.
Andiamo a passeggio e ascoltiamo l'allodola".  
I suoi versi.

I suoi versi.

 

I suoi versi.

 

 
Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 22:51:17, in I Poeti, linkato 2687 volte)

Il 30 novembre 1935, scompariva Fernando Pessoa. Le sue spoglie riposano ora nel Pantheon di Lisbona dove una stele quadrangolare porta inciso il suo nome accanto a quelli di Alberto Caeiro, Ricardo Reis ed Alvaro de Campos. Un lato per ogni voce della poliedrica personalità di un unico grande poeta.  

"Ricordo, così, quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronimo o, meglio, il mio primo conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando avevo sei anni, attraverso il quale scrivevo lettere a me stesso, e la cui figura, non del tutto vaga, ancora colpisce quella parte del mio affetto che confina con la nostalgia."
 
Pessoa perse il padre molto presto e la madre, dopo due anni di vedovanza, si risposò con il console di Portogallo a Durban, in Sudafrica. Fu uno studente brillante: la permanenza a Durban gli permise di interiorizzare la lingua madre, parlata in famiglia e di curare la pratica poetica dell'inglese che non abbandonò mai. Al suo ritorno in patria, fallito il progetto di una tipografia, Pessoa si adattò a tradurre lettere commerciali per alcune ditte e a scrivere sporadici articoli giornalistici. 
La sua fu una vita grigia, caratterizzata da una profonda solitudine affettiva, dalla penuria economica e dal vizio del bere... contrapposta, però, ad un'esistenza interiore vivacissima ed in continua evoluzione. Il giorno "trionfale" dei 47 anni di Pessoa giunse l'8 marzo 1914, data di nascita dell'eteronimo Alberto Caeiro, il "maestro". Seguirono ben presto il classicista Ricardo Reis e il futurista Alvaro de Campos. Attraverso le voci di questi interlocutori inventati, ognuno dei quali possedeva un aspetto fisico, un temperamento e un proprio stile ben definito, il poeta riuscì ad esprimere ogni sfumatura della sua complessa personalità: egli li vedeva davanti a sè e li ascoltava, li sentiva, li amava. Gli eteronomi furono il tentativo di superare i limiti dell'unicità dell'essere creando un' originale esperienza poetica: Pessoa era circondato da figure create dalla sua immaginazione, per ora se ne contano ventiquattro, ma lasciò una tale quantità di scritti che ancora non esiste un censimento definitivo. Malgrado non fosse estraneo all'ambiente letterario dell'epoca, furono le sue "creature" ad accompagnarlo fino all'ultimo giorno e ad interferire con il suo modo di vivere: anche quando si innamorò di una giovane dattilografa, Alvaro de Campos si intromise chiedendole come potesse fidarsi di un uomo mediocre come Fernando Pessoa... lei cercò di restare al gioco, ma il triangolo fatalmente si spezzò.  
Antonio Tabucchi, uno dei suoi più appassionati studiosi, ha recentemente pubblicato per Feltrinelli "Il poeta è un fingitore", una preziosa raccolta di duecento citazioni tratte dagli scritti delle maggiori voci di Pessoa: una breve prefazione e nessun commento, forse il modo migliore di accostarsi all'arte ed al pensiero di uno straordinario autore.
 
   

 
Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 22:17:00, in I Poeti, linkato 3122 volte)

"...Io lasciai la mia classe e feci lega con la gente del basso ceto". Così nacque l'arte di Bertold Brecht. 

Poeta, drammaturgo e regista teatrale, nasce in una famiglia agiata ad Augusta, in Baviera, nel 1898. Durante gli anni del liceo, in piena guerra, manifesta un forte atteggiamento antimilitarista che gli crea non pochi problemi. "Solo degli stupidi possono essere così vanitosi da desiderare la morte, tanto più che pronunciano simili affermazioni quando si ritengono ancora ben lontani dall'ultima ora..." scrive in un tema dedicato a chi muore per la patria e ben presto, attraverso le sue opere, darà voce alle decise convinzioni pacifiste e antiborghesi. 
Il carattere dei suoi componimenti è infatti prevalentemente sociale, ma trovano spazio anche l'amore, la morte, la natura, gli oggetti... Brecht è un poeta che attrae per il linguaggio diretto: non solo rime, ma una forma esplicita e spontanea, quasi colloquiale e ricca di immagini.Nei testi teatrali, pungenti, e sciolti dalle regole della retorica, riesce a suscitare nello spettatore la presa di coscienza delle disuguaglianze sociali con una conseguente spinta al dibattito ed alla critica. L' "Opera da tre soldi" è forse la più celebre delle sue produzioni: Brecht, pochi mesi prima di morire, riesce ad assistere alla prima di Milano, diretta dal Maestro Giorgio Strehler. Un successo. 

 
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