Poeti e Sognatori

...Sembra uno spazio fuori dal mondo, ma non è così.
Se una donna ti rifiuta, non significa sia virtuosa. Vuole di meglio.

Alessandro Morandotti
Immagine
 L'isola di Raffaele Ariante, pittore in Assisi... di Alessandra Mazzucco

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 22:24:20, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 3098 volte)

Forse i boss mafiosi sono stati tra i primi a non fidarsi degli sms per comunicare tra loro e a tornare al buon vecchio metodo del "bigliettino"... di sicuro non esiste nessun database che registri ciò che si scrive sulla carta e un foglietto si può distruggere con estrema facilità (volendo si può anche ingoiare!). Ma, come sempre, tutto è in mano al destino: a volte, basta una piccola distrazione per combinare un bel guaio. Trilussa, celebre poeta dialettale, con le sue rime in romanesco dipinge un'immagine dolce e spudorata al tempo stesso: sembra di vederla questa mamma distratta, seduta sulla panchina, con uno sguardo alla bimba ed uno al cancello...   
 
Vicino a la fontana de la villa
c'è una bella signora che ricama
un fascio de papaveri de stama
su un telarino lilla.
Ogni tanto se vorta e dà un'occhiata
a la pupa che gioca e, un po' più spesso,
laggiù, dove comincia l'arberata,
ar cancello d'ingresso.
- Che fai, Ninnì? perchè nun giochi a palla?
- Lo vedi, mamma? Ho fatto una barchetta,
però me c'entra l'acqua e nun sta a galla...-
(La madre nun s'è accorta che la pupa
j'ha preso un fojo drentro la borsetta.)
- Tesoro mio, sta' attenta,
chè te se sciupa l'abbituccio bello:
se fai così, chissà che te diventa!...-
E ritorna a guardà verso er cancello.
La barca va, ma nun s'aregge dritta,
e a un certo punto sbatte in uno scojo,
se piega, s'apre e comparisce un fojo
che se spalanca da la parte scritta:
"Mario adorato! Passa verso sera
chè parleremo più libberamente.
Appena hai letto, strappa. Fa' in maniera
che la pupetta nun capisca gnente..."

 
Trilussa
 
Cartolina antica: Fontana dei Cavalli Marini. Villa Borghese. Roma
 

 
Di Alessandra Mazzucco (del 09/04/2008 @ 21:12:19, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 7480 volte)

"Ognuno di noi è più di uno, è molti, è una prolissità di se stesso" diceva Pessoa, ma quando ci riveliamo agli altri, facciamolo sempre con estrema cautela. Mostriamoci agli occhi dei nostri simili come un giardino fiorito, allegro, curato... e facciamo in modo che erbe e fiori spontanei crescano solo in un punto nascosto, che nessuno può vedere...  
E' curioso che un consiglio simile giunga proprio da chi ha manifestato al mondo intero le svariate sfaccettature della propria anima, eppure forse proprio l'aver svelato tanto di sè ha portato Pessoa ad un'estrema consapevolezza: meglio affidarsi al sogno, piuttosto che alla speranza di essere compresi.
 
  
 
Consiglio
 
Cingi di grandi muri chi ti sogni.
Quindi, dove è visibile il giardino
attraverso il portone dalla grata cortese,
poni tutti i fiori più allegri,
perchè ti conoscano soltanto così.
Ove nessuno lo vede non porre più nulla.
 
Traccia aiuole come quelle degli altri,
dove gli sguardi possano intravedere
il tuo giardino come glielo mostri.
Ma dove è tuo, e mai nessuno lo vede,
lascia crescere i fiori che spuntano da terra
e lascia sorgere le erbe naturalmente.
 
Fa di te un doppio essere custodito;
e che nessuno, che veda e fissi, possa
conoscere più di un giardino di quel che sei
un giardino ostensivo e riservato,
dietro il quale il fiore spontaneo carezza
l'erba così povera che neppure tu la vedi... 
 
Dicono?
Dimenticano.
Non dicono?
Han detto.
 
Fanno?
Destino.
Non fanno?
Lo stesso.
 
Perchè sperare?
- Tutto è
sognare.
 
Fernando Pessoa
 
Dipinto: "Il giardino del poeta" di A.Chiodo
 

 
Di Alessandra Mazzucco (del 14/04/2008 @ 14:39:03, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 2640 volte)

 

 

 

 

 

Definire l'insonnia "tormenta soave" è quasi offensivo per chi di notte non riesce a dormire, ma lo vorrebbe tanto... Per fortuna ci sono i poeti a prestarci il loro sguardo quando il nostro è troppo fisso. Rubén Darío centra il punto dolente: non si può dormire, però si sogna. E in genere questi "sogni" notturni ad occhi aperti non sono bellissimi: portano tutte le ansie e i timori che durante il giorno si è riusciti a tenere lontano.E' illuminante la figura di Amleto sul banco anatomico, perchè è proprio quel che succede: una sorta di vivisezione di se stessi che non sempre è così opportuna. Quello che invece spesso si dimentica durante le notti bianche, è l'arrivo dell'alba: è all'alba che si deve pensare. La notte, per quanto buia, finirà.     
 
Silenzio della notte, doloroso
silenzio notturno...
Perchè l'anima trema a questo modo?
Odo il rombo
del mio sangue:
dentro il mio cranio passa una tormenta
soave. L'insonnia!
E non si può dormire. E tuttavia
si sogna.
E sul banco anatomico se stesso
uno seziona, ed è il suo proprio Amleto.
Sciogliere la tristezza
entro un vino notturno,
nella coppa preziosa delle tenebre.
E mi domando: Quando verrà l'alba?
S'è richiusa una porta...
E' passato un viandante...
Tre rintocchi alla torre... Oh, che sia lei? 
 
Silencio de la noche, doloroso silencio
nocturno... Por qué el alma tiembla de tal manera ?
Oigo el zumbido de mi sangre,
dentro de mi cráneo pasa una suave tormenta.
i Imsomnio ! No poder dormir, y, sin embargo,
sonar. Ser la auto-pieza
de disección espiritual, i el auto-Hamlet!                       
Diluir mi tristeza
en un vino de noche
en el maravilloso cristal de las tinieblas...
Y me digo: ¿ a qué hora vendrá el alba ?              
Se ha cerrado una puerta...
Ha passado un transeúnte...  
Ha dado el reloj tres horas...i Si será Ella !...
  
 
Rubén Darío  
 
Dipinto: "Overflow" A.Whyeth
 

 
Di Alessandra Mazzucco (del 19/04/2008 @ 19:48:37, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 2553 volte)

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco Alberto Caerio, il Maestro, nato dalla penna di Pessoa in quello che egli stesso definisce "il giorno trionfale" della sua vita.  L'idea parte da uno scherzo: inventarsi un poeta bucolico e un po' complicato da presentare al carissimo amico Mário de Sá-Carneiro; solo che dopo giorni di inutili tentativi, non riuscendo a delineare la figura del personaggio, Pessoa decide di rinunciare. Il momento giusto, però, improvvisamente arriva e l'autore lo racconta in una lettera: è l'8 marzo 1914, si avvicina al suo alto comò e comincia a scrivere nel modo che preferisce, in piedi, "in una specie di estasi la cui natura non sono in grado di definire"... ed ecco una poesia, poi un'altra, un'altra ancora... fino a crearne più di trenta. Nasce così il biondo e pallido Alberto Caeiro, definito da Tabucchi "l'Occhio, l'olimpica e insieme tenebrosa ricognizione del mondo", la voce del poeta che vissuto in campagna, morirà prematuramente di tubercolosi, proprio come il padre di Pessoa.  
Le bolle di sapone, tanto affascinanti quanto effimere, esprimono pienamente la realtà delle cose, osservata, vissuta e accolta con una consapevolezza appena percettibile. 
 
Le bolle di sapone che questo bimbo
si diverte a staccare da una cannuccia
sono translucidamente tutta una filosofia.
Chiare, inutili e passeggere come la Natura,
amiche degli occhi come le cose,
sono quello che sono
con una precisione rotondetta e aerea,
e nessuno, neppure il bimbo che le libera,
pretende che siano più che non sembrino.
 
Alcune a stento si vedono nell'aria tersa.
Sono come la brezza che passa e tocca appena i fiori
e solo sappiamo che passa
perchè qualche cosa si alleggerisce in noi
e accetta tutto più nitidamente.

 
Alberto Caeiro
 
Dipinto: Ragazzo che soffia bolle di sapone E. Manet

 
Di Alessandra Mazzucco (del 10/01/2009 @ 21:28:08, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 2819 volte)

"Una volta apparso Alberto Caeiro, cercai subito - in modo istintivo e cosciente - di scovargli dei discepoli". Così nel mondo degli eteronomi di Pessoa, spuntò Ricardo Reis  
E' un medico portoghese che, dopo l'avvento della Repubblica, viene esiliato in Brasile a causa delle sue preferenze monarchiche. Studiando dai gesuiti ha conseguito un'ottima formazione classica che, unita al naturale talento poetico, lo rende un autore dall'attento controllo stilistico. Il suo modello è Orazio, ma più che esaltare l'ideale epicureo del godimento dei piaceri della vita e del "carpe diem" che permette di coglierli nel momento stesso in cui si presentano, Reis si preoccupa costantentemente della paura della sofferenza che lo spinge a reprimere ogni  forte sentimento e adattarsi ad una esistenza di mediocrità. 
In questa lirica l'arrivo di una stagione triste è inevitabile, ma non c'è rimpianto per ciò che è stato. "Quel che sentiamo, non quel che è sentito, è quel che abbiamo" ecco perchè conviene accettare il presente che ci viene assegnato, purchè la nostra ragione resti vigile e non patisca la distruzione dell'inverno. Che sia attraverso il cuore o l'intelletto, dobbiamo essere grati per questa breve vita.

 Non so di chi ricordo il mio passato
che altro fui quando fui, né mi conosco
come se con la mia anima sentissi
quell'anima che nel sentire ricordo.
Da un giorno all'altro ci lasciamo.
Nulla di vero a noi ci unisce -
siamo chi siamo, e chi siamo stati fu
cosa vista da dentro.
 
Quel che sentiamo, non quel che è sentito,
è quel che abbiamo. Quindi, l'inverno triste
accogliamolo come destino.
Ci sia inverno sulla terra, non nella mente.
E, amore ad amore, o libro a libro, amiamo
       il nostro teschio breve.
 
Ricardo Reis

 
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