Poeti e Sognatori

...Sembra uno spazio fuori dal mondo, ma non č cosė.
Il poeta è simile al principe delle nubi che sta nella tempesta e ride dell'arciere. Esule in terra fra grida beffarde, con le sue ali da gigante non sa camminare.

Charles Baudelaire
Immagine
 Venezia... di Alessandra Mazzucco

\\ Home Page : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Alessandra Mazzucco (del 17/04/2008 @ 14:06:02, in Sognatori tra i pennelli, linkato 3672 volte)

Il 23 febbraio 1887 il borgo medioevale di Bussana, situato sulle colline a pochi chilometri da Sanremo, venne raggiunto dalle terrificanti scosse di un terremoto.
Erano le 6,20 e molti si trovavano all'interno della chiesa del paese. Ebbero appena il tempo di rendersi conto della catastrofe che si stava abbattendo su di loro, che in pochi attimi il tetto crollò, travolgendoli. La violenza del sisma fu tale da distruggere la maggior parte delle case, imprigionando ed uccidendo un centinaio di persone.  
Il responso della Commissione che si occupò di verifcare l'entità dei danni fu drammatica: le abitazioni furono giudicate inagibili e ciò che del villaggio ancora non era crollato, rischiava di cedere da un momento all'altro. Malgrado le proteste di chi avrebbe voluto ricostruire il proprio mondo là, nel punto in cui si era fermato, ai sopravvissuti fu proibito di rientrare nel villaggio e promesso un borgo nuovo di cui si iniziò subito la costruzione. Fu così, che nel giro di pochi anni e qualche chilometro più in giù, nacque Bussana "nuova".  
Il vecchio borgo ferito iniziò la sua inesorabile decadenza. La rigogliosa vegetazione ligure invase le abitazioni abbandonate, pioggia e sole intaccarono le mura precarie e per più di mezzo secolo le case sventrate in cima alla collina rimasero tragico monumento al dolore.   
Il 1960 portò con sè un vento nuovo: i sogni audaci di un pittore torinese, Clizia. Sedotto dal fascino delle antiche pietre del borgo diroccato ebbe un'ispirazione folle: costruire tra le macerie il Villaggio Internazionale degli Artisti. L'idea fu accolta con entusiasmo dal pittore, Vanni Giuffrè e da un poeta, Giovanni Fronte, pionieri della nuova comunità che in poco tempo attirò un gran numero di artisti. L'inizio fu duro, ma animato da una forte determinazione. L'esperimento di una "comune" non era una novità in campo artistico, basti pensare al Bateau  Lavoir, nome dato al cadente edificio che vide nascere il cubismo, ma a Bussana non esistevano più reti fognarie, nè impianti idraulici: l'acqua era da trasportare a mano attraverso una lunga strada e, naturalmente, non c'era energia elettrica. Benchè Clizia avesse provato a stilare uno Statuto, la vita comunitaria, già difficile da realizzare in condizioni normali, veniva messa a repentaglio da difficoltà di carattere pratico, inoltre, il timore incombente di un ordine di sgombero, non contribuiva certo a rasserenare gli animi...  
Qualcuno se ne andò, ma c'era chi arrivava, tanto che il Villaggio degli Artisti divenne una favolosa realtà. Le case vennero ricostruite seguendo lo stile originale e i colori delle tele dei pittori, appoggiate ai muri o appena scorte tra le finestre, portarono una luce nuova e suggestiva al vecchio borgo. L'artigianato e la curiosità dei turisti divennero fonte di sostentamento per una comunità formata da spiriti liberi, alcuni itineranti, altri, come Guido Giordano, detto "da Bussana", pittore che lasciò il suo impiego al ministero per vivere nel Villaggio fino all'ultimo giorno, ben radicati ad un sogno diventato reale. Tra il 1974 e il 1977 agli abitanti fu riconosciuto il diritto di residenza e finalmente arrivarono anche l'acqua e l'elettricità. Ma la storia di questo borgo è densa di avvenimenti, di pacifiche lotte e di personaggi davvero straordinari. Maurizio Falcone, musicista e compositore, è uno di loro. Racconta e si racconta nel notevole sito che ha realizzato sul Villaggio e su tutte le sue vicissitudini non ancora concluse.    
Bussana vecchia è oggi un borgo conosciuto e visitato da molti ospiti. I suoi vicoli si sono arricchiti di nuovi laboratori artigianali e di punti di ristoro che non intaccano l'antica suggestione medioevale. Artisti imprevedibili si incontrano, magari spariscono, per poi farsi rivedere l'anno successivo... è un luogo remoto, ma sempre inconsueto. L'unica sensazione che non cambia da una visita all'altra, si chiama libertà. 
 
Dipinto di Guido da Bussana

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Alessandra Mazzucco (del 17/04/2008 @ 21:45:28, in I Sognatori, linkato 9255 volte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"L'amore è la vita, è la cosa principale. Dall'amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L'amore è il cuore di tutte le cose... Se il cuore interrompe il suo lavoro, anche tutto il resto si atrofizza, diventa superfluo, inutile. Ma se funziona non può non manifestarsi in ogni cosa. Senza di te (non senza di te "nella lontananza", interiormente senza di te) io cesso di agire."  
E' il 1923, il cuore che non deve cessare di agire appartiene a Vladimir Majakovskij, lei, l'amore che anima tutte le cose, si chiama Lili Brik.
Si conoscono dal 1915, quando, nella "data più felice" della sua vita, il poeta futurista declama i suoi versi di fronte ad una platea d'eccezione: i coniugi Osip e Lili Brik.  
Osip è un giurista, ma commercia in coralli per la ditta di famiglia; Lili è colta e curiosa; entrambi amano circondarsi di poeti e letterati e anche per loro quella "data" sarà l'inizio di una nuova vita: da quel giorno le loro tre esistenze saranno intrecciate fino alla fine.    
Majakovskij si innamora furiosamente di Lili, tanto che per i primi anni lei vive questa passione quasi come una sorta di aggressione che non le lascia respiro; nello stesso tempo Osip nutre per il poeta una sconfinata ammirazione che lo spinge a pubblicare a proprie spese i suoi primi poemi e ad accettare senza alcuna riserva la relazione con la moglie; così, nel 1918, diventa per loro una scelta naturale quella di vivere tutti e tre sotto lo stesso tetto.  
Lili Brik ha sempre ribadito la legittimità di una simile convivenza: nelle sue memorie afferma chiaramente: "Io e Osja non avemmo mai più rapporti intimi, così che tutti i pettegolezzi - sull'amore "a tre", sul "triangolo" e così via - non assomigliano nemmeno lontanamente a ciò che è stato."  
Come è facile immaginare le "voci" non si sono risparmiate: qualcuno ha visto questo legame come una disgustosa forma di decadenza borghese, altri l'hanno quasi idealizzato come un coraggioso "amore assoluto", una testimonianza pratica dell'eternità dell'amore. In effetti la relazione tra Majakovskij e Lili terminò nel 1930, con il suicidio del poeta. Furono la complicità, il fortissimo senso dell'amicizia e il sentimento travolgente che coltivarono per anni con impegno, assecondando le sue trasformazioni, a permettere loro di amarsi per tutta la vita, che, in ogni caso, non fu priva di dolori, di separazioni e di tradimenti.  
Per comprendere gli avvenimenti, l'affascinante personalità di Majakovskij e la significativa influenza che Lili Brik ebbe nella sua esistenza e quindi nelle sue opere, la casa editrice Neri Pozza ha pubblicato "L'amore è il cuore di tutte le cose", la raccolta della fitta corrispondenza che tra il 1915 e il 1930 si scambiarono Vladimir, Lili e Osip. Sono lettere tenere, affettuose e spontanee che esprimono i sentimenti, i pensieri e le difficoltà dei personaggi, ma anche rispecchiano la quotidianità del paese e il suo travaglio politico. 
Tra le poesie di Majakovskij ce n'è una che più di tutte è rappresentativa dell'esaltazione dei suoi sentimenti, il poeta la intitola: 
 
Conclusione       
 
Niente cancellerà via l'amore,
nè i litigi
nè i chilometri.
E' meditato,
provato,
controllato.
Alzando solennemente i versi, dita di righe,
lo giuro:
amo
d'un amore immutabile e fedele.
 
Vladimir Majakovskij

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Alessandra Mazzucco (del 19/04/2008 @ 19:48:37, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 2602 volte)

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco Alberto Caerio, il Maestro, nato dalla penna di Pessoa in quello che egli stesso definisce "il giorno trionfale" della sua vita.  L'idea parte da uno scherzo: inventarsi un poeta bucolico e un po' complicato da presentare al carissimo amico Mário de Sá-Carneiro; solo che dopo giorni di inutili tentativi, non riuscendo a delineare la figura del personaggio, Pessoa decide di rinunciare. Il momento giusto, però, improvvisamente arriva e l'autore lo racconta in una lettera: è l'8 marzo 1914, si avvicina al suo alto comò e comincia a scrivere nel modo che preferisce, in piedi, "in una specie di estasi la cui natura non sono in grado di definire"... ed ecco una poesia, poi un'altra, un'altra ancora... fino a crearne più di trenta. Nasce così il biondo e pallido Alberto Caeiro, definito da Tabucchi "l'Occhio, l'olimpica e insieme tenebrosa ricognizione del mondo", la voce del poeta che vissuto in campagna, morirà prematuramente di tubercolosi, proprio come il padre di Pessoa.  
Le bolle di sapone, tanto affascinanti quanto effimere, esprimono pienamente la realtà delle cose, osservata, vissuta e accolta con una consapevolezza appena percettibile. 
 
Le bolle di sapone che questo bimbo
si diverte a staccare da una cannuccia
sono translucidamente tutta una filosofia.
Chiare, inutili e passeggere come la Natura,
amiche degli occhi come le cose,
sono quello che sono
con una precisione rotondetta e aerea,
e nessuno, neppure il bimbo che le libera,
pretende che siano più che non sembrino.
 
Alcune a stento si vedono nell'aria tersa.
Sono come la brezza che passa e tocca appena i fiori
e solo sappiamo che passa
perchè qualche cosa si alleggerisce in noi
e accetta tutto più nitidamente.

 
Alberto Caeiro
 
Dipinto: Ragazzo che soffia bolle di sapone E. Manet

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Alessandra Mazzucco (del 19/04/2008 @ 20:00:07, in Poeti innamorati, linkato 10613 volte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco tutta l'esultanza di un poeta innamorato, allegro, pazzo di gioia per l'arrivo di quella donna che riesce a giocare con il suo cuore.
"Niente più giogo!" In genere si dice quando ci si sente liberi dal vincolo di una relazione e dagli obblighi morali che comporta... Per Majakovskij invece, è tutto il contrario: prova la sensazione primitiva e inebriante di chi, finalmente, si lascia scivolare nelle mani di un amore, vuole essere posseduto da quell'amore. Il pericoloso sovversivo da temere, ha in realtà la sensibilità e il bisogno d'affetto di un bambino. 

 
Poi sei venuta tu,
e t'è bastata un'occhiata 

per vedere
dietro quel ruggito,
dietro quella corporatura,
semplicemente un fanciullo.
L'hai preso,
hai tolto via il cuore
e, così,
ti ci sei messa a giocare,
come una bambina con la palla.
E tutte,
signore e fanciulle,
sono rimaste impalate
come davanti a un miracolo.
"Amare uno così?
Ma quello ti si avventa addosso!
Sarà una domatrice,
una che viene da un serraglio!"
Ma io, io esultavo.
Niente più
giogo!
Impazzito dalla gioia,
galoppavo,
saltavo come un indiano a nozze,
tanto allegro mi sentivo,
tanto leggero.
 
Vladimir Majakovskij
 
Dipinto: "Girl with ball" Roy Lichtenstein
  

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Alessandra Mazzucco (del 21/04/2008 @ 21:13:35, in Sguardi beffardi, linkato 4147 volte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questo titolo non c'è proprio niente di poetico, però, pare che essere bella e ricca sia al top dei sogni delle donne... forse non è così altamente contemplato l'aggettivo "stronza"... in ogni caso, come poter resistere ad un simile invito? Ci fosse mai sfuggita qualche dritta... ; - ) Premesso che Giulio Cesare Giacobbe, l'autore, è psicologo e psicoterapeuta (quindi chissà quante ne ha sentite) e che la sua ex moglie ha seguito scientificamente le istruzioni riportate sul libro (ora, lui ha cinque case in meno), vale la pena di leggere tutte le crudeli verità, che di sicuro in cuor nostro già conosciamo bene, ma che scritte nero su bianco fanno tutto un altro effetto. Forse non è il caso di mettere in pratica ,alla lettera, ogni accorgimento, ma questo dipende da noi e dalla gradazione di ricchezza e di stronzaggine a cui aspiriamo.
Giacobbe segue un percorso semplice, ma rigoroso: attraverso una straziante (perchè ahimè molto realistica) e spassossima (scrive da far morire dal ridere, il furbastro) analisi delle differenze tra la testa dell'uomo e quella della donna, spiega, tanto per cominciare, come diventare bella. Già qui si capisce che gran parte delle nostre convinzioni tramandate con tanto impegno e affetto da intere generazioni di nonne e mamme, vanno tristemente a farsi benedire: non è bello ciò che è bello (e non ha cellulite), ma è bello ciò che... si muove in modo seducente (cellulite compresa). Cioè, che sculetta.  
Appresa, a grandi linee, l'arte del movimento, si passa al sodo: dopo tanta fatica per diventare belle, che farsene di un morto di fame? Ed ecco le dritte sui luoghi da frequentare (lui, per non essere frainteso, li chiama pollai) ma, soprattutto, su come frequentarli. Mica facile: non sono citati uffici, scuole nè supermercati. Neanche le scarpe da ginnastica. 
Comunque, con un'assidua dedizione alla causa, diventare ricca si può, ma per rimanerlo è necessario diventare anche stronza. Come si fa, io non ve lo dico (mica sono stronza), vi basti però sapere che la conclusione del libro insinua qualche lodevole dubbio: diventare bella, ricca e stronza... ma è proprio questo ciò che sogniamo?
 

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6